In Italia, le criptovalute non sono solo un investimento: comprenderne la fiscalità in dichiarazione dei redditi è cruciale per evitare contestazioni fiscali.
La fiscalità delle criptovalute in dichiarazione redditi è un tema cruciale. Occorre comprendere come profitti e perdite da trading o detenzione vadano correttamente inseriti, per evitare sanzioni e garantire trasparenza con il fisco.
L'anno fiscale in Italia va dal 1° gennaio al 31 dicembre. Le scadenze per la presentazione della dichiarazione dei redditi dipendono dal modello utilizzato.
Quadro T: Incluso nel Modello 730, è utilizzato per dichiarare i guadagni da criptovalute per i lavoratori dipendenti. La scadenza per l'invio è il 30 settembre.
Quadro RT: Incluso nel Modello Redditi PF, è dedicato alla dichiarazione delle plusvalenze da cripto-attività e al calcolo delle imposte su queste.
Quadro RW: Incluso nel Modello Redditi PF, segnala i redditi e i patrimoni esteri. Il Quadro RW è utilizzato solo per il monitoraggio fiscale.
Per la compilazione, sono necessari dati come date delle transazioni, criptovalute coinvolte, tipo di transazione, importi, valore in EUR, e guadagni/perdite. È fondamentale procurarsi un report fiscale che attesti tutte le operazioni.
Non tutte le operazioni che coinvolgono criptovalute costituiscono un evento imponibile.
EVENTI IMPONIBILI:
EVENTI NON IMPONIBILI (ATTUALE SCENARIO):
La mancata dichiarazione di criptovalute detenute o di plusvalenze realizzate espone a rischio di contestazione fiscale e sanzioni. In caso di omissioni, è possibile ricorrere al "ravvedimento operoso" per sanare la propria posizione. Questo prevede la presentazione di una dichiarazione integrativa, il versamento delle imposte dovute e il pagamento di sanzioni ridotte.
Le sanzioni ordinarie per le violazioni fiscali legate alle criptovalute includono:
L'Agenzia delle Entrate può tracciare le transazioni da e verso gli exchange, e le piattaforme di scambio regolamentate sono obbligate a fornire dati sugli utenti.
Una delle domande più frequenti è se sia possibile evitare la tassazione sulle cripto-attività.
L'unica via, complessa e rischiosa se non gestita correttamente, è il trasferimento reale e effettivo della residenza fiscale all'estero.
Un trasferimento "di facciata", troppo breve o non supportato da prove concrete, può essere facilmente contestato dall'Agenzia delle Entrate, portando a sanzioni molto pesanti (fino al 120% dell'imposta dovuta sulla plusvalenza, più interessi e una sanzione aggiuntiva fino al 30% del valore delle cripto-attività non dichiarate).
Solo un trasferimento di residenza reale, effettivo e stabile nel tempo permette di disinvestire le cripto-attività secondo le normative fiscali del nuovo Paese di residenza.
La fiscalità delle criptovalute in Italia è un ambito in costante aggiornamento, con un inasprimento delle aliquote e l'eliminazione della soglia di esenzione a partire dal 2025.
È fondamentale che gli investitori si mantengano informati e, se necessario, si avvalgano del supporto di esperti fiscali per garantire la corretta gestione delle proprie posizioni e adempiere agli obblighi dichiarativi.